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Il Tributarista e il Processo Tributario


Può sembrare anacronistico che nel 2017, ben 25 anni dopo la riforma delle Commissioni Tributarie e di conseguenza dall’introduzione del Processo Tributario nell’Ordinamento Giuridico Italiano così come attualmente in vigore, occorre ancora correggere quel vecchio retaggio che attribuiva natura amministrativa al ricorso tributario.

L’opinione diffusa degli addetti al lavoro, a torto o ragione, e che molti professionisti e quasi la totalità della clientela degli studi professionali non sanno che il ricorso alla Commissione Tributaria è un vero e proprio Processo con tanto di Giudici, Difensori, Udienze e Sentenze, per dirla breve. Un processo identico a quelli che si celebrano nelle aule dei Tribunali di tutta Italia, ma con delle regole processuali specifiche ed esclusive. Per analogia è possibile dire che il Processo Tributario assomiglia a quello Civile, ma essendo specifico delle materie Fiscali e Tributarie, ha proprie regole processuali. I confini entro cui si svolge i Processo Tributario è delimitato dal D.lgs. 546/1992. Questo decreto legislativo, infatti, contiene le norme che disciplinano il comportamento processuale delle parti che sono: I Giudici, i ricorrenti e i resistenti.

Solo nei casi non previsti dalle norme del Decreto in commento, si può ricorrere a quelle del Codice di Procedura Civile, se compatibili, altrimenti non sono applicabili le norme del Codice Civile. Si comprende chiaramente, quindi, che il Processo Tributario è un processo tecnico, e che pertanto necessita di una specifica conoscenza. Nelle aule delle Commissioni Tributarie, invece, si vede spesso che questo processo viene affrontato senza una adeguata esperienza e conoscenza, da chi frequentemente confonde la procedura con quella Civilistica, o che confonde il processo con pratiche amministrative, pensando, cioè che è possibile solo discutere aspetti di merito e nel corso del dibattimento introdurre nuovi elementi o contestazioni non inseriti nel primo atto introduttivo.

C’è chi pensa, insomma, di poter contestare liberamente tutto ciò che si vuole senza il rispetto dei termini previsti dalle norme processuali (D.lgs 546/92), di produrre documenti in ogni fase e grado del giudizio, di chiamare terzi come testi e/o controparti per rispondere delle proprie responsabilità ecc … Partendo quindi dal presupposto che il processo tributario è solo documentale, non essendo ammessa la prova testimoniale, è limitato alle contestazioni formulate in primo grado, non essendo possibile introdurre nuovi motivi se non i rare occasioni e con regole ben precise, non è possibile in via generale introdurre nuovi documenti, ne il Collegio Giudicante può ordinare la produzione documentale e/o ampliare il tema della controversia, ne ribaltare l’onere della prova tra le parti, va da se che l’atto di introduzione del procedimento (ricorso introduttivo) è quello entro il quale verterà tutta la controversia e su cui i Giudici emetteranno la sentenza. I successivi gradi di giudizio (Appello e Cassazione) saranno limitati di conseguenza al primo atto con cui il ricorrente ha introdotto le contestazioni. Per maggior chiarezza, se un ricorso avrebbe potuto riguardare 5 motivi, ma il ricorrente ne ha formulato soltanto 2, tutto il processo tributario nei tre gradi di giudizio “merito – appello – legittimità” ( rispettivamente Commissione Tributaria Provinciale, Commissione Tributaria Regionale – Cassazione) potrà riguardare soltanto i 2 motivi proposti inizialmente, senza alcuna possibilità di ampliare il “thema decidendum”.

Ciò premesso, risulta fondamentale affidarsi ad un professionista qualificato, essendo necessario farsi assistere da un difensore tributario (Tributarista) conoscitore della materia. In Italia i difensori tributari abilitati sono gli avvocati, i commercialisti e i consulenti del lavoro. Vi sono altresì altre figure professionali abilitate (Ingegneri, Agronomi, Geometri ecc …) come previsto dall’art. 12 del D.lgs 546/92, ma limitati ad alcune materie, mentre i primi non hanno limitazioni. Ma non basta essere un bravo avvocato o un bravo commercialista ecc … per essere allo stesso tempo un bravo Tributarista, giacché l’abilitazione professionale ai rispettivi Ordini non comporta automaticamente la specializzazione, indispensabile per affrontare il Processo Tributario. Per maggior chiarezza e più facile comprensione si pensi ai medici. Ebbene, l’essere un eccellente e preparato medico generico di base non comporta di conseguenza l’essere un bravo cardiologo o otorino ecc … Allo stesso modo, essere un preparato professionista in campo commerciale, fiscale, lavoro, o un bravo avvocato civilista in campo commerciale, assicurativo, divorzista, fallimentarista ecc …, o in materia penale, non significa, allo stesso tempo, essere un Tributarista. Proprio per la specificità della materia tributaria, diversa per molti aspetti dall’ambito fiscale, e per la peculiarità del processo tributario, il Tributarista è una figura professionale a se stante, perché specifica siccome segue regole processuali differenti da ogni altro procedimento giudiziario.

Grazie ad una maggior sensibilizzazione sull’argomento, molti professionisti si sono dedicati esclusivamente all’attività del Tributarista, non occupandosi più, di conseguenza, dell’attività di fiscalista o lavorista, ed allo stesso modo le Commissioni Tributarie sono state affidate a Giudici Togati differentemente da come avveniva fino a qualche anno fa, dove venivano nominati Giudici provenienti dagli Ordini Professioni anche estranei alle materie giuridiche tributarie. Questo salto di qualità consente, anche se in linea teorica, un maggior rispetto del diritto e una maggior equità tra le parti, cittadino e Pubblica Amministrazione. Il cittadino/contribuente, non considerato più come suddito di una Pubblica Amministrazione sempre più pressante in continua evoluzione crescente nell’imposizione fiscale, può essere finalmente rappresentato in giudizio e affrontare il procedimento a parità di armi con chi molto spesso non rispetta le regole normativamente previste, in un’ottica errata e strumentale ai propri obiettivi istituzionali d’ufficio, a volte quasi coercitivi, seguendo meccanismi non sempre trasparenti e lontani dallo spirito collaborativo auspicato dalla Legge 212/2000 (Statuto del Contribuente).

Dr. Giuseppe Castaldo


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