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Disoccupazione: le nuove regole


Con il Jobs Act sono cambiati anche gli ammortizzatori sociali per chi resta senza lavoro

Dimenticatevi Aspi e Mini Aspi: gli ammortizzatori sociali per chi resta senza lavoro introdotti dalla legge Fornero nel 2012 sono cambiati ancora. Dallo scorso il 1° maggio, infatti, è entrata in vigore la cosiddetta Naspi, cioè la Nuova assicurazione sociale per l’impiego, istituita con il decreto legislativo. n. 22 del 6 marzo 2015, lo stesso con cui è stato approvato il cosiddetto Jobs act, cioè la riforma del lavoro del governo Renzi.

Le novità della Naspi

Tutti i lavoratori dipendenti con contratti a tempo indeterminato e determinato che perdono il proprio lavoro possono richiedere la nuova indennità di disoccupazione, esclusivamente per via telematica, entro il termine di 68 giorni dalla data del licenziamento. Sono esclusi dal beneficio i lavoratori agricoli e i lavoratori a tempo indeterminato che lavorano nelle pubbliche amministrazioni (ma quelli a tempo determinato, invece, ne hanno diritto).

La prestazione non spetta neanche a coloro che hanno dato le dimissioni o che hanno scelto una risoluzione consensuale del contratto.

Si ha diritto alla Naspi, però, se le dimissioni sono avvenute per giusta causa (per esempio mobbing, molestie sessuali, spostamento immotivato ad altra sede, peggioramento delle mansioni...) oppure per dimissioni di madri nel periodo di divieto di licenziamento (a partire da 300 giorni prima della data presunta del parto fino al primo anno di età del bambino) oppure di padri durante la paternità e fino al primo anno di vita del figlio.

L’INDENNITÀ NON SPETTA A COLORO CHE SI DIMETTONO VOLONTARIAMENTE

Requisiti minimi

Passiamo ora ai requisiti contributivi, che sono stati notevolmente abbassati rispetto a quelli previsti un tempo dalla vecchia Aspi. Il lavoratore deve aver totalizzato almeno 13 settimane di contribuzione nei 4 anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione e almeno 30 giorni di lavoro effettivo negli ultimi 12 mesi. La riforma ha ampliato il bacino di potenziali beneficiari, dal momento che nel regime precedente erano necessari due anni di anzianità assicurativa e almeno un anno di contribuzione nel biennio precedente la disoccupazione.

Durata e contributi figurativi

Per quanto tempo si percepisce la Naspi?

La nuova indennità non ha una durata fissa: il periodo per il quale si ha diritto a riceverla dipende dal numero di settimane lavorate nei 4 anni prima del licenziamento e consiste nella metà delle settimane di contribuzione. Se chi ha perso il lavoro aveva lavorato ininterrottamente negli ultimi 4 anni, ha dirtto a percepire 24 mesi di Naspi; chi invece aveva lavorato solo per 8 mesi percepirà l’indennità solo per 4 mesi. Questo è quanto vale per adesso. A partire dal 1° gennaio 2017 chi resterà senza lavoro avrà diritto a percepire l’indennizzo per un massimo di 78 settimane. Nel periodo in cui beneficia dell’indennità, viene riconosciuta al lavoratore la contribuzione figurativa rapportata alla retribuzione imponibile che ha percepito negli ultimi 4 anni entro un limite di 1,4 volte l’importo massimo della Naspi. I contributi figurativi sono utili sia per acquisire il diritto alla pensione sia per stabilirne l’importo, tranne nei casi in cui la normativa prescriva di tener conto dei soli contributi effettivamente versati.

L’indennità per i collaboratori

La Naspi vale anche per i lavoratori con un contratto di collaborazione coordinata e continuativa o a progetto che hanno perso l’occupazione?

Per il 2015, in via sperimentale, il governo ha deciso di garantire anche a loro un sostegno al reddito se hanno perduto, non per loro volontà, la loro occupazione nel corso dell’anno. In base a quanto stabilito dal Jobs act, infatti, a partire dal 2016 questo tipo di contratti non sarà più previsto. Ne potranno beneficiare i collaboratori iscritti in via esclusiva alla Gestione separata dell’Inps, non pensionati e privi di partita Iva che siano disoccupati e abbiano totalizzato almeno tre mesi di contribuzione nel periodo compreso tra il 1° gennaio dell’anno precedente alla disoccupazione e il momento della cessazione del lavoro. Bisogna inoltre aver versato almeno un mese di contribuzione nell’anno solare in cui il lavoro è cessato. Il calcolo dell’indennità segue regole simili a quelle che valgono per la Naspi: reddito totale nel periodo di riferimento, diviso per il numero di mesi lavorati per ottenere la retribuzione mensile media. Poi si calcola il 75% e si aggiunge eventualmente il 25% della differenza tra l’importo ottenuto e il tetto di 1.195 euro. Anche in questo caso l’indennità non può comunque superare i 1.300 euro.

Quando finisce la Naspi

La promessa del Jobs act è che, rendendo più flessibile il rapporto di lavoro, le aziende siano invogliate ad assumere. Ma cosa succede a quanti, esaurito il periodo in cui si ha diritto alla Naspi, non trovano un nuovo impiego e sono in condizioni economiche difficili? In via sperimentale, a partire dal 1° maggio scorso e per tutto il 2015, il governo ha introdotto un ulteriore ammortizzatore sociale chiamato Asdi (Assegno di disoccupazione). Il beneficio è riservato a quanti si trovano in nuclei familiari con minori e ai lavoratori prossimi alla pensione e sarà erogato fino a esaurimento dello specifico fondo. La durata massima del’assegno è di 6 mesi e l’importo è pari al 75% dell’ultima indennità Naspi percepita e comunque non può essere superiore all’assegno sociale. Per averne diritto occorre dimostrare di avere una serie di requisiti, tra i quali una situazione economica di bisogno (certificata dall’Isee), la disponibilità a partecipare a iniziative di orientamento e formazione e l’accettazione di eventuali adeguate proposte di lavoro.


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